In questi giorni sta suscitando reazioni opposte la pubblicità di una nota catena commerciale del nord Italia.
Da un lato chi manifesta commozione per aver letto un richiamo al valore della famiglia, anche nei casi in cui i coniugi/genitori sono separati.
Dall’altro ha acceso un effetto indignato in coloro i quali interpretano questo spot come un tentativo di insinuare senso di colpa nei confronti dei genitori separati e dunque il divorzio quale strumento che porta infelicità nei bambini, accollando su questi ultimi la responsabilità di riconciliare la coppia genitoriale.
Un breve excursus sul diritto dei figli alla bigenitorialità.
Dal punto di vista giuridico, però, riteniamo possa essere utile a questo dibattito fornire qualche delucidazione in più e osservare come il nostro ordinamento si è evoluto di pari passo al cambiamento sociale del concetto stesso di famiglia e dei diritti dei figli minori già a partire dal 1970.
L’introduzione della possibilità di sciogliere gli effetti civili del matrimonio, avvenuta con la n. 898 ha determinato una rottura, anche concettuale, dell’idea di vincolo familiare collegato esclusivamente al legame di sangue e sancito dalla sacralità della cerimonia matrimoniale.
Bisogna partire quindi da un presupposto: per ogni diritto assegnato a qualcuno fa da contraltare una diminuzione dei diritti di altre persone e la legge ha il compito di bilanciare questo rapporto in modo equilibrato.
Pensiamo ad esempio al diritto alla riservatezza di un personaggio pubblico che va bilanciato con il diritto di cronaca. O ancora, ognuno di noi ha il diritto di esprimere la propria opinione ma può farlo entro determinati limiti che non vadano a ledere la dignità altrui. E così via.
Anche gli istituti del divorzio e della separazione, contengono diritti che appartengono a ciascuno e che vanno bilanciati con il diritto dei figli alla bigenitorialità.
Principio di bigenitorialità per un rapporto stabile con i genitori.
Di questo diritto si trova traccia per la prima volta nella Convenzione di New York del 1989 e si tratta del principio in base al quale si riconosce ai bambini una legittima aspirazione: il diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche se gli stessi siano separati o divorziati.
Il diritto ha preso dunque atto delle evoluzioni avvenute nella società e conosce bene la situazione familiare della bambina con la pesca, cercando di regolarla bilanciando, appunto, i vari interessi in gioco.
Quindi oggi non si parla più di “potestà” ma di “responsabilità genitoriale”, che sopravvive alla separazione tra i genitori. Pensiamo al padre che, pur non vivendo con i figli, deve essere consultato dalla madre prima di adottare le scelte di particolare rilevanza per i bambini (scuola, sport, salute, ecc…).
L’affidamento esclusivo del minore ad uno dei due genitori è diventata un’eccezione conseguente a casi patologici relativi ad uno dei due genitori, mentre la regola è l’affidamento condiviso con collocazione prevalente presso uno dei due genitori.
Nelle proprie decisioni la giurisprudenza prevalenza al c.d. “interesse superiore del minore”, concetto nuovo che riconosce diritti propri dei minori – in passato sconosciuti – intorno ai quali devono sorgere le leggi in materia familiare.
Al di là delle polemiche.
Noi invitiamo a leggere lo spot deponendo l’ascia di guerra.
Il supermercato in questione certamente voleva far passare il messaggio che i propri prodotti “fanno famiglia”, in tutte le famiglie. Ed è la stessa legge che oggi sempre più spesso si esprime parlando di famigliE, anzichè di famiglia.
Noi guardiamo questo spot semplicemente come una storia, uno spaccato della società attuale, nel quale il bilanciamento tra diritti richiede di non stigmatizzare chi sceglie di separarsi ma nel contempo di contemperare tale diritto con l’interesse prevalente dei minori a vivere in un clima quanto più possibile sereno e a conservare il rapporto con entrambi i genitori.
Quello che fa la bambina con la pesca della concordia, non è altro che la rivendicazione del suo sacrosanto diritto alla bigenitorialità.