Può accadere, dopo la cessazione di un rapporto di lavoro che restino in sospeso alcune rivendicazioni da parte del lavoratore tali da poter sfociare in una controversia, come ad esempio il mancato pagamento del t.f.r. o di differenze retributive, contestazioni circa l’inquadramento e le mansioni affidate al dipendente, straordinari e ferie non pagati, ore di lavoro “a nero” e altre spettanze varie.
Molti lavoratori in questa situazione, temendo la supremazia economica del datore di lavoro, si rassegnano e rinunciano a far valere i propri diritti, commettendo così un errore.
Le leggi in materia di lavoro, infatti, prevedono una serie di opportunità che consentono di veder soddisfatte le proprie pretese in tempi brevi e senza costi, raggiungendo un accordo dinanzi ad un sindacato, all’ispettorato del lavoro o anche in sede di ricorso al Giudice del Lavoro.
In particolare, i verbali di conciliazione sottoscritti dinanzi al sindacato sono strumenti che l’ordinamento giuridico pone come metodo preventivo alla nascita di controversie in sede giudiziale tra il lavoratore e il datore di lavoro, in cui il primo rinuncia a rivendicare una parte delle proprie pretese in cambio di un risarcimento monetario.
Nonostante le reciproche concessioni, il raggiungimento di un accordo economico tra le parti risulta spesso vantaggioso per entrambe, in quanto evita ai contendenti i costi, i lunghi tempi e l’incertezza di un processo presso il Giudice del Lavoro.
Dunque, una volta raggiunto l’accordo tra lavoratore e datore di lavoro, sarà necessario redigere un apposito verbale, nel cui corpo dovranno essere indicati alcuni elementi essenziali:
– le generalità delle parti e degli eventuali avvocati che le rappresentano;
– la data e la sede sindacale dove il verbale viene sottoscritto;
– l’oggetto della controversia relativa alla materia del lavoro;
– le reciproche pretese e le relative rinunce e concessioni economiche;
– l’accordo che definisce bonariamente la controversia;
– la sottoscrizione delle parti e del conciliatore.
È importante sottolineare che il verbale di conciliazione per risultare pienamente valido ed efficace deve rispondere ai requisiti di effettività dell’assistenza sindacale e deve prevedere reciproche concessioni e rinunce, onde evitare che il datore di lavoro possa abusare del proprio potere per raggiungere un accordo vantaggioso solo per se stesso (ad esempio, difetterebbe del requisito delle reciproche concessioni la rinuncia del lavoratore a tutte le proprie pretese per differenze retributive, lavoro a nero e/o altre spettanze maturate nel corso di diversi anni a fronte di un risarcimento monetario di soli € 100,00).
Una volta descritti i termini dell’accordo raggiunto tra le parti, il verbale conciliativo dovrà riportare la dichiarazione delle parti a rinunciare definitivamente a qualsiasi rivendicazione concernente il rapporto di lavoro intercorso. Dunque nessuna pretesa potrà più esser fatta valere tra le parti una volta onorati gli impegni sottoscritti nel verbale.
L’accordo sottoscritto è tombale, quindi il datore di lavoro non dovrà più temere nuove rivendicazioni da parte del lavoratore.
E se il datore di lavoro non adempie a quanto concordato in sede di conciliazione?
Ebbene, il verbale di conciliazione sottoscritto in sede sindacale acquisisce efficacia esecutiva, per cui se il datore di lavoro non dovesse rispettare quanto pattuito, il lavoratore potrà agire immediatamente per il recupero forzoso delle somme mediante apposite azioni esecutive (ad esempio pignorando i beni o il denaro del datore di lavoro).