diritto alla disconnessione

Diritto alla disconnessione

Cosa prevede la normativa italiana sul diritto alla disconnessione e come tutelarsi verso le comunicazioni lavorative fuori orario.

Il diritto alla disconnessione consiste nella libertà del lavoratore di non rispondere a chiamate, messaggi, e-mail ed altre comunicazioni provenienti dal datore di lavoro o da suoi superiori. In altre parole, stiamo parlando del diritto di non essere reperibile al di fuori dell’orario lavorativo, senza che ciò si ripercuota sulla propria posizione lavorativa.

La costante connessione a cui siamo abituati nella vita quotidiana rischia di riflettersi automaticamente anche sul modo di lavorare, come se fosse una cosa normale, un dovere nei confronti del proprio datore di lavoro.

Al contrario, è diritto del lavoratore fermarsi e “staccare la spina” affinché venga garantito un giusto equilibrio tra la frenetica vita professionale e la vita privata, con riguardo alla salute mentale e al benessere del lavoratore, tutti fattori che incidono anche sulla sua produttività. 

Un diritto in evoluzione

Il diritto alla disconnessione è un diritto nuovo e ancora in evoluzione, infatti in Italia non è disciplinato in maniera diretta, ma la legge n. 81 del 2017 che regolamenta il lavoro agile e flessibile (c.d. smart working) lo cita all’art. 19, affermando che la contrattazione collettiva “individua le misure necessarie per assicurare la  disconnessione  del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”. 

Dunque con il crescente sviluppo del lavoro agile, sempre più spesso accade che la prestazione lavorativa venga eseguita in parte all’interno dei locali aziendali ed in parte all’esterno, senza una postazione fissa (ad esempio da casa), diventando sempre più importante per i lavoratori dipendenti conoscere i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Su questi temi è sempre più importante che i lavoratori siano consapevoli dei propri diritti (e doveri), perciò è opportuno che ogni lavoratore verifichi quali modalità prevede il proprio Contratto Collettivo di Lavoro (C.C.N.L.) o il contratto aziendale o quello individuale per comprendere quando è tenuto a lavorare e quando invece può essere non reperibile.

Alcuni esempi:

– Per il personale delle aree professionali delle imprese creditizie, finanziarie e strumentali, il C.C.N.L. stabilisce che l’uso degli strumenti di lavoro deve rispettare i tempi di riposo giornaliero e settimanale, i periodi di ferie e le altre assenze legittime.

– Il C.C.N.L. “Concia, pelli e cuoio” prevede una serie di norme a tutela dei c.d. “telelavoratori”, rinviando alla contrattazione aziendale la disciplina del diritto alla disconnessione.

– Vari accordi aziendali prevedono esplicitamente il rispetto dell’orario di lavoro in caso di smart working, come ad esempio Barilla già dal 2015, Vodafone dal 2016, Enel nel 2017 ecc.

Questa panoramica dimostra che i diritti legati alla disconnessione dipendono in gran parte dai contratti applicabili. Essere informati è sul diritto alla disconnessione il primo passo per garantire il rispetto del proprio tempo libero e della propria vita privata anche in un’epoca di connessione continua.

diritto alla disconnessione

La direttiva europea sull’orario di lavoro

In ogni caso, tutti i Paesi dell’unione Europea, compresa l’Italia, devono rispettare la Direttiva n. 88 del 2003 sull’organizzazione dell’orario di lavoro.

Ciò significa che tutti i contratti di lavoro collettivi, aziendali o individuali devono rispettare alcuni requisiti minimi riferiti al riposo e quindi a quella che oggi possiamo chiamare disconnessione. Ad esempio un lavoratore: 

  • non può lavorare per più di 48 ore alla settimana;
  • ha diritto ad un minimo di 11 ore di riposo consecutive tra un turno e l’altro;
  • ha diritto ad almeno quattro settimane di ferie annuali e retribuite.

Vuoi sapere cosa prevede il tuo contratto di lavoro in tema di diritto alla disconnessione

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